D – Quando uno arriva all’ultima incarnazione, proprio perché deve chiudere certi conti karmici molto spesso ha una vita proprio dolorosa, mi sono chiesto – mentre dicevi questo – ma non è possibile che “il grosso” del karma l’abbia già risolto, per cui alla fine, nell’ultima vita, per chiudere i conti abbia – diciamo – solamente da pagare “gli spiccioli”?
E, in fin dei conti poi, c’è anche il karma positivo, cioè noi analizziamo sempre il dolore ma non è detto che, appunto, perché ha fatto tante esperienze, si è costruito già un corpo akasico, poi questo corpo akasico già sviluppatello – visto che è all’ultima incarnazione – riproduce anche delle gioie, all’ultima vita, di soddisfazione…
Questo senza dubbio. L’ultima vita è una vita fatta di grandi chiaroscuri, di grandi soddisfazioni, di grandi sentimenti, di grande “sentire”, ma anche però può essere di grandi sofferenze, quando c’è l’ultimo karma da risolvere.
D – Sì, ma voglio dire: probabilmente l’ultimo karma da risolvere sono proprio “gli spiccioli”. Il grosso lo avrà fatto nelle precedenti vite.
Mio caro, quando una sofferenza arriva è sempre una sofferenza, non è grossa o piccola. A chi guarda esternamente può sembrare una sofferenza più grossa di un’altra, ma la persona che soffre, soffre sempre soggettivamente; quindi, per lui, tagliarsi un dito o tagliarsi una mano, la sofferenza è sempre tanta uguale.
E voi, giudicate: “Guarda quella persona che sta così bene, come mai è in quelle condizioni? Ma come è possibile che sia così? Come fa a soffrire perché non riesce ad avere il maglione firmato”? A voi può sembrare una cosa sciocca, ma per quella persona – comunque sia – è una sofferenza.
D – Senti volevo chiederti riguardo al karma, la situazione di mia mamma no? Mi piacerebbe sapere se è stata una situazione di comodo o di karma. E poi, se è un karma, è solo per lei o anche per chi le sta attorno, per chi la segue?
Ah no, senza dubbio è una situazione karmica, non di comodo; e senza dubbio – essendo karmica – ha una necessità rivolta anche a tutti voi che le state intorno. Questo, senza alcuna ombra di dubbio.
D – Ma è un karma anche per chi deve espletare questo karma, anche se sta attorno a questa persona?
Certamente. Ma sempre, sempre, è sempre così. Lo accennavo, giusto un attimo fa: un’esperienza che attraversa una persona è un’esperienza che anche le altre persone devono attraversare.
Non vi è mai nulla fatto per una persona sola; pensate, se no, quante cose diverse dovrebbero esserci, e ci sarebbe veramente da impazzirci a fare le cose, no?
Invece, con un’economia eccezionale, con una logica eccezionale, questo disegno meraviglioso che è stato creato è tale per cui anche soltanto una piccola pennellata di un disegno tratteggia una grande porzione del quadro, quindi serve a definire tutto quello che sta attorno a quella pennellata.
D – Il karma è anche qualcosa di positivo, cioè noi ci soffermiamo sempre su quello che ci crea dolore, ci crea impedimenti… Il ‘92 è stato per me un anno in cui sono passato da situazioni di positività, di gioia, di piacere alto, a periodi in cui stavo proprio malissimo, proprio i chiaroscuri di cui dicevi prima. Non credo di essere all’ultima incarnazione…
Su questo non c’è dubbio! Te le vai proprio a cercare!
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D – Quello che volevo dire: la cosa strana è che adesso comincio a maturare una filosofia un po’ diversa e cioè comincio a ragionare in termini di mutamento, nel senso che adesso che mi va bene comincio a dire: “Sì, però, se oggi c’è il sole, stai pur sicuro che il futuro ti potrà riservare solo… che cosa? Un temporale, perché il sole non può durare in eterno” e viceversa: nel momento che c’è il temporale dico: “Beh, la cosa che dovrà succedere non può altro che tornarmi utile”.
Va bene, va bene; calma un attimo il flusso di parole e senti me. D’accordo, tu dicevi: “Si tende a parlare di karma in termini di negatività, ma invece si dimentica il karma positivo”. Ma perché questo accade?
D – Perché non siamo obiettivi.
No, questa è una risposta sciocca, scusa.
D – Forse perché quello che è karma positivo lo abbiamo già capito, l’akasico è già costituito; quello che crea karma negativo…
Te l’ho detto che se stai un attimo a pensare prima di parlare è meglio, tutte le volte; perché la seconda volta poi rispondi giusto. Infatti, questa cosa è semplicemente una legge normale e naturalissima dell’evoluzione dell’individuo.
Quello che è stato positivo e ha portato una felicità è qualche cosa che si è già compreso – come dicevi tu – quindi l’individuo non ha più bisogno di ritornarci sopra; mentre invece ciò che fa soffrire indica una non comprensione, e quindi l’individuo che cerca di comprendere di più non può far altro che ritornare su questo karma negativo in modo da comprenderlo; di conseguenza gli è sempre più presente, più immediato e più vicino; appartiene più al piano fisico di quanto appartenga al piano fisico il karma positivo.
D – Però, se vogliamo avere un quadro generale di quello che è “il conosci te stesso”, dobbiamo tener presente quello che abbiamo già fatto e quello che – anche se è inconsapevole, è logico – dobbiamo ancora lavorare. D’altronde possiamo avere già un parametro, già sapendo che l’evoluzione ci porterà ad un amore, a un “sentire”, a eliminare tutte le separazioni.
Ma non si può fare quello che stai dicendo, mio caro, non è possibile! Non è possibile perché tu non sai quello che hai capito nelle altre vite! Tu sai soltanto quello che non hai capito in “questa” vita; non puoi tener presente tutto quello che hai capito, perché non lo sai quello che hai capito!
D – Però in un certo senso lo manifesto. Voglio dire: se non ho certi istinti, di un certo livello, che potrebbero farmi assomigliare ad una bestia, probabilmente li ho già sviluppati in altre vite.
Sì, ma se tu ti fermassi a pensare: “Guarda che bravo, che non ho questi istinti” vuol dire che in realtà non li hai assimilati e non li hai compresi. Solo il fatto che ti poni il problema vuol dire che c’è ancora qualcosa da capire in proposito, altrimenti non ti porresti nemmeno il problema. Scifo
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Il non compreso diventa maestro nella Vita mentre noi siamo abituati ad anelare al non dolore. Qui l’ottica si ribalta. Il dolore come (unica) fonte di crescita nelle comprensioni.
La realtà come rappresentazione è soggettiva, il dolore è soggettivo. Quando pensiamo a grandi sofferenze ci si immagina sempre un evento oggettivamente rilevante, facilmente osservabile: ma così non è. Al contrario, potrebbe essere qualcosa di impalpabile e di non rilevabile all’occhio altrui. Nulla toglie che l’ultimo karma possa appartenere ad una persona ordinaria, con una vita ordinaria, in cui, apparentemente, non siano presenti grandi sofferenze.
Grazie.
Anche nell’ ultima vita…. fatta di grande” sentire” ….. grandi soddisfazioni e sentimenti, ma potrebbero esserci anche grandi sofferenze.