La mitica Atlantide è descritta solitamente, da chi l’ha conosciuta, come una terra speciale, come una sorta di terra promessa in cui erano disponibili (o sono state disponibili per un certo periodo di tempo) le più grandi verità, le più grandi conoscenze, le più grandi individualità di una razza. Tuttavia, Atlantide non è stata, non è e non sarà l’unica Terra promessa dell’umanità. Vi sono stati, vi sono e vi saranno altri periodi in cui le civiltà possiederanno gli stessi raggiungimenti e le stesse mitiche felicità.
Questo perché nel corso dell’evoluzione di una razza, nel corso del suo cammino attraverso i millenni, le decine di millenni, ogni razza raggiunge, per una certa parte dei suoi componenti, quelle verità, quei «sentire» che sono lo specchio di ciò che riserva il cammino finale di tutta la razza. Ecco così nascere, improvvisamente, delle società felici, felici per lo meno all’occhio di chi sa ben guardare al di là delle apparenze.
Una di queste società, una di queste epoche felici, è stata la Grecia. Certamente, a voi che osservate dalla distanza di un paio di millenni una civiltà ormai viva soltanto in pochi reperti e in ciò che i testi di scuola vi insegnano, la civiltà greca viene ricordata come una civiltà guerriera, che aveva raggiunto alte punte d’arte e di espressione artistica, come una civiltà che aveva raggiunto anche alte vette di espressioni filosofiche.
Bene, io vi dico, creature, che in quell’epoca, in quella civiltà v’era già un primo scaglione della razza che aveva raggiunto il limite del suo incarnarsi sulla Terra e che come tale, quindi, aveva a propria disposizione un sentire talmente elevato da poter raggiungere, toccare e, perché no, abbracciare delle verità. Scifo
Il modo di trovare la verità cambia, da società a società. L’uomo che guarda indietro nei secoli ha l’errata convinzione, solitamente, che i popoli del passato non potessero raggiungere la Verità perché non avevano, magari, a loro disposizione i mezzi per accedere a questa verità.
Invece vi posso assicurare che ogni popolazione del passato ha sempre avuto una sua strada per poter arrivare a conoscere la realtà. Questa strada per voi, probabilmente, sarebbe impraticabile, poiché voi siete formati, attualmente, da bisogni, da stimoli e da spinte diversi.
Addirittura il modo in cui vivete il vostro tempo, il modo in cui recepite, percepite il fluire del tempo, è diverso da quello con cui percepivano il tempo gli antichi. Siate certi che anche nelle epoche remote gli stessi popoli che, osservandoli dalla vostra era tecnologica, possono apparire arretrati e, in fondo, barbari, avevano i mezzi, gli strumenti e le possibilità di arrivare a comprendere la Realtà, e quindi di evolvere ad un punto tale da non avere più bisogno di accedere alla materia del piano fisico. Georgei
La civiltà della mia epoca era stata la confluenza delle convinzioni provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo: le conoscenze dell’Egitto, le conoscenze di Babilonia, le conoscenze dei popoli Ebrei e di tutti coloro che già avevano posseduto la scintilla della Verità proveniente, dopo molteplici trasformazioni, dalla fiaccola di Atlantide; tutti questi frammenti avevano contribuito, inavvertitamente ma sensibilmente, a dar vita a quella che era la civiltà dei miei tempi.
Ma in che modo noi potevamo ricercare la Verità se non avevamo i vostri strumenti per osservarla?
Voi, attualmente, conoscete la materia, la osservate con strumenti meravigliosi, arrivate a vederne e fotografarne la composizione più intima, eppure anche ai nostri tempi, ben prima che questi mezzi fantastici venissero creati dalla genialità dell’uomo, siamo riusciti ad arrivare alla conoscenza di quello che voi definite l’atomo. Ciò grazie all’ausilio di quel mezzo che era a nostra disposizione e che, come tutti i mezzi, se osservato ed indagato con attenzione, con coraggio e con ponderatezza, porta infine a raggiungere la Verità.
Questo mezzo era la semplice osservazione della natura, la semplice osservazione di ciò che intorno a noi e con noi viveva. Osservazione sulla quale la nostra mente poteva applicare meditazioni, congetturare ed infine, attraverso il meccanismo dell’intuizione, arrivare a comprendere verità che voi, oggi, con altri mezzi avete raggiunto. Un filosofo
Si dice che Talete basasse il suo pensiero e la sua filosofia sul fatto, sulla concezione che tutta la realtà, tutti gli uomini, tutto ciò che esisteva, avesse preso vita dall’acqua.
Ho detto «si dice» in quanto, in realtà, nulla di originale appartenente a Talete è pervenuto a voi. Tuttavia anch’egli, uomo del suo tempo, era giunto a contatto con le Verità che attraverso l’Egitto – e in particolare da Atlantide – venivano per formare il supporto della nuova conoscenza della nuova razza.
Per questo motivo, il simbolo dell’acqua già allora veniva considerato come un simbolo che indicava la vita, la generazione, e quindi l’intero universo.
La concezione della generazione da parte dell’acqua dell’intero universo non va, quindi, intesa come una generazione proveniente dall’acqua sensibile, dall’acqua materiale, così come normalmente i vostri sensi la percepiscono, ma come qualcosa che, per Talete, conteneva in sé una qualità trascendente, racchiusa appunto nel simbolismo che essa rappresentava.
Anassimene parlò invece di questa nascita della realtà, di questa nascita dell’universo dicendo che, secondo lui, era avvenuta attraverso l’aria. Ecco un altro elemento, uno dei quattro famosi elementi alchemici che l’esoterismo di tutte le epoche tramanda; ecco, ancora una volta, che un simbolo si ritrova usato già nell’antichità per esprimere concetti che, forse, soltanto adesso, dopo una certa apertura dell’esoterismo, possono essere compresi.
“La realtà – diceva questo filosofo – proviene dall’aria, in quanto è dall’aria, dall’elemento più sottile, che viene ingenerata ogni cosa”.
Ma se volessimo osservare la concezione dell’epoca della materia, e vedere come le nostre teorie si possono trovare già riflesse, in parte, in ciò che allora questi filosofi dicevano, basterebbe fermarsi un attimo sull’apeiron.
Cos’è l’«apeiron»? L’«apeiron» è un termine usato da un altro filosofo greco, Anassimandro, il quale identificava la creazione della realtà, non più con l’acqua (elemento simbolico ma ancora pesante) non più con l’aria (elemento simbolico ma ancora rarefatto), bensì con questo elemento che egli denominò appunto «apeiron» e che è raffrontabile alla materia più sottile che compone la realtà. Da questo «apeiron» infatti, egli diceva, proviene per trasformazione e per aggregazione tutta la realtà così come la si conosce.
Vedete quindi, o figli, che – anche senza grandi conoscenze scientifiche, anche senza strumentazioni eccezionali – già nell’antichità i concetti che noi vi portiamo, in qualche modo, affioravano; certo affioravano attraverso un parlare simbolico, e non sempre è facile, a distanza di secoli e di millenni, riuscire a capire il simbolismo racchiuso in quelle parole. Moti
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