Voglio portare anche io il mio contributo in favore del discorso sulla sensibilità, mettendo soprattutto l’accento di quale ruolo ha l’Io quando si parla di sensibilità.
Per capire che l’Io anche in questo caso ha un ruolo molto importante basta stare un momentino attenti alle proprie azioni quando ci si trova di fronte ad altri fratelli e quando si sente dentro di noi un qualcosa che vibra, fa soffrire nel vedere che un altro sta attraversando, magari, un momento di difficoltà.
L’Io ha un ruolo molto importante, e se voi imparerete ad osservarlo, vi renderete conto che il più delle volte qualcuno vi fa star male, vi fa soffrire perché in qualche modo rispecchia un vostro stato interiore, quindi la vostra sensibilità in questo caso è limitata ai vostri stessi bisogni, è quindi legata, strettamente legata al vostro Io, al vostro egoismo.
Ben difficilmente infatti voi soffrite quando vi trovate di fronte a una persona che sta attraversando un periodo di problemi che non vi riguardano, che non avete magari mai provato in precedenza, che pensate non vi possano toccare.
Bene, di fronte a quella persona non riuscite ancora, completamente e spassionatamente, a pensare che se quel problema per voi non è un problema, per quella persona lo è veramente, è un momento che le crea delle tensioni, un momento che le crea degli stati d’animo poco piacevoli. Ma in realtà non riuscite ad andare oltre ad un’accettazione a livello soltanto mentale.
Infatti vi ritrovate facilmente a dire: “Sì, per lui questo, in questo momento costituisce un problema”. Ma in realtà non riuscite a sentirlo come nell’altro caso, come quando, cioè, vi trovate di fronte ad una persona che ha un problema che è già stato vostro o che presumete che possa esserlo in un prossimo futuro.
Ecco quindi il ruolo che ha l’Io in queste vostre relazioni interpersonali, in questa vostra estrinsecazione della sensibilità. Se una persona riesce veramente ad essere sensibile è in grado di condividere con gli altri suoi fratelli qualunque stato d’animo, sia esso positivo, sia esso negativo, e riesce anche a sentire i problemi degli altri che non lo riguardano o che non pensa che lo possano riguardare così da vicino. Anna
Essere sensibili significa, secondo l’opinione comune, mettersi che ne so, davanti a un televisore, guardare un film di quelli strappalacrime e finire la serata in un lago di pianto.
Essere sensibili, sempre per l’opinione comune, per la gente, per gli individui attualmente incarnati, significa andare in un istituto per bambini abbandonati, guardare quei fanciulli con i loro occhioni e sentirsi sconvolti interiormente per quegli occhi che chiedono aiuto.
Essere sensibili è ancora piangere a un funerale per una persona scomparsa prematuramente.
Oppure osservare un animale maltrattato, oppure ancora… ma non è il caso di allungare ancora la lista, tutto sommato, perché penso che ognuno di voi che partecipa a questi incontri, e che, quindi, in qualche modo conosce le nostre teorie, sia in grado da solo di addurre, di portare nuovi esempi per rendere più cospicuo il campionario.
Non che ci sia niente di male in tutto quello che ho appena detto: è giusto che un individuo, se ha voglia di piangere per un film strappalacrime, lo faccia; è giusto pure che vada nell’istituto per bambini abbandonati e si senta sconvolto; io direi che la persona veramente sensibile, piuttosto che andare nell’istituto e sentirsi sconvolta, agisce, fa qualcosa cosa affinché questi bambini non abbiano più motivo, ad esempio, di guardare con occhi disperati, e non si diletta ad andare là soltanto per stare male.
Certo, sono convinto che non faccia piacere a nessuno vedere gli occhi di quei bambini ma, d’altra parte, ci sono individui che, con gusto masochistico, preferiscono soffrire piuttosto che passare all’azione.
Tutto questo panegirico per dire che cosa?
Per dire che la vera sensibilità, quella che ognuno di voi raggiungerà, è qualcosa che fa agire, che fa fare qualcosa affinché la sofferenza altrui – visto che si vuol parlare di sofferenza – non abbia più motivo di far star male né l’individuo che uno ha di fronte, né se stesso.
La vera sensibilità non è quella che ti lascia lì immobile di fronte, che ne so, di fronte al cane che viene bastonato e dire: “Oh, poverino come soffre, oh come soffre…”, soffrire insieme a lui e non fare niente perché non continui ad essere bastonato.
Capite che cosa voglio dire?
Ecco, la vera sensibilità, dunque, oltre ad essere la capacità di avvertire la felicità o la sofferenza altrui, è un qualcosa che vi farà anche agire e, nel caso di un’emozione, di una sensazione positiva se non altro vi farà saltare dalla gioia, abbracciare e baciare il vostro compagno, il vostro fratello che vi sta di fronte e fare assieme a lui una gioiosa risata.
Imparate a fare questo e potrete dire di aver compiuto il primo passo verso quella sensibilità che ognuno di voi in cuor suo desiderebbe avere. Francesco
Io, nel corso della mia vita come Gneus, ero molto sensibile; ho vissuto trentatré anni, quasi, come il Cristo, ed ero molto sensibile, ed è stato proprio a causa della mia sensibilità che ho fatto cose brutte che non avrei dovuto fare.
Mi spiego e vi faccio un esempio: io non avevo genitori, ero un bambino abbandonato, e poi un ragazzo e poi un adulto abbandonato, e vivevo con degli amici che mi avevano raccolto quando ero bambino.
C’era una signora che aveva un bambino e poi c’erano altre due persone che ora non fanno testo ed eravamo tutti senza soldi, poveri, tutti che morivamo di fame eccetera, e io vedevo questo bambino che aveva pochi anni, mentre io ero già sui vent’anni, che aveva fame ed era quello che soffriva di più perché gli adulti riuscivano in qualche modo anche a far finta di niente.
Questo bambino era sempre lì che piangeva perché aveva fame (si chiamava Catellus, un nome simpatico, vero?) e allora cosa facevo io? Di notte andavo a rubare perché volevo che questo bambino mangiasse.
Sembrerebbe quasi essere una buona azione, ma invece non lo era perché invece di andare a rubare io avrei dovuto sì fare qualche cosa – come diceva Francesco “agire” – ma avrei dovuto agire in modo da non danneggiare nessuno, mentre io andavo a rubare, ma a persone che erano povere come noi: andavo a rubare qualche gallina, qualche uovo e cose del genere. Avrei invece dovuto cercare un lavoro o fare qualche cosa in modo che il bambino e anche tutti gli altri avessero di che sfamarsi. Giusto?
Ecco, questo io l’ho dovuto capire dopo, quando sono morto, ma ne ho fatte anche di peggio, anzi, forse è la cosa meno grave che ho fatto tanto che mi ci è voluto parecchio tempo prima di capire tutto. Gneus
Anche Billy, in mezzo a tanti discorsi sulla sensibilità, ha creduto giusto intervenire a sua volta.
Questo perché nel corso della mia vita sono stato giudicato da molti una persona insensibile in quanto, dicevano, ero sempre pronto a trovare la battuta sarcastica, a rivoltare le parole magari contro chi me le rivolgeva.
Ora, io ero un artista ed è logico già per questo che io avessi una cerca sensibilità e vi posso assicurare che malgrado io abbia condotto una vita esasperata sotto molti punti di vista, quest’esasperazione era proprio dovuta alla reazione della mia sensibilità, al fatto stesso che io mi lasciavo sopraffare dalla sensibilità cercando in qualche modo di nasconderla, di mascherarla dietro ad azioni che dimostrassero un Billy diverso da quello che in realtà era interiormente.
Ricordate quindi sempre che allorché vedete una persona che si comporta in modo molto scherzoso, a volte anche troppo scherzoso, che ama circondarsi, ad esempio, di frivolezze eccessive e via dicendo, è una persona che all’apparenza viene giudicata altamente insensibile, ma che è molto probabile invece che questi comportamenti nascondano una sensibilità non accettata, che viene mascherata e nascosta appunto da questi atteggiamenti insensibili.
Questo ci dice, ancora una volta – per restare nell’ottica mostrata dalle vostre dolcissime Guide – che è sempre molto ma molto difficile poter giudicare o criticare il comportamento di un altra persona, perché non si può mai sapere veramente dall’esterno che cos’è che induce le azioni degli altri. Billy
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Molto chiaro il tutto. Devo in parte rivedere il concetto di sensibilità….
Giusto metterci in guardia su quanto sia limitato e limitante il giudizio. Non dimenticare che la realtà è sempre più complessa.
Penso che non si può essere sensibili in tutte le situazioni allo stesso modo perchè dal punto di vista energetico non potremmo reggere le sofferenze o le gioie di tutti quelli che incontriamo. Siamo più sensibili ed empatici nei confronti di chi ci è più prossimo. C’è poi la sensibilità che emerge quando si tratta del destino umano di tanti popoli che soffrono e muoiono per gli egoismi del mondo ricco. Sento profondamente la nostra responsabilità ma non ho trovato il modo dell’azione collettiva a causa della disgregazione di valori che vedo e sento tutto attorno. Agisco nel mio piccolo, all’occorrenza ma sento che non è affatto sufficiente. Le sofferenze di questi nostri fratelli mi interrogano.
Un brano che mi chiarisce le idee riguardo il concetto di sensibilità, che mi pare di capire va anche braccetto con la condivisione sia nella gioia che nei dolori.
L’azione è il frutto della sensibilità. L’albero si riconosce dai frutti che produce. Impossibile star fermi quando le comprensioni si sono interiorizzate. E’ così ma continuamente mi interrogo sul mio agire, sulle intenzioni che lo muove ….ma anche ora non posso che ascoltare quella nota di fondo che tutto pervade
Letto ma nulla sorge…
Interessante l ultimo intervento e il relativo consiglio di non lasciarsi ingannare dalle apparenze